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Oltrepo’ Pavese: libertà di fare vino fuori dalla schiavitù del mercato

Visita all’azienda di agricoltura organica ANDI Fausto e Augusto

Partiamo ad ora antelucana di una domenica invernale ma gentile. Destinazione Oltrepo’ Pavese, cioè l’antico Piemonte, o meglio ‘un territorio a forma di grappolo d’uva’, secondo il verbo di Gianni Brera. Qui impazzano Pinot Nero, Barbera, Bonarda, e molto altro per meditare, come il Sangue di Giuda DOC e, diversamente, la DOC Buttafuoco. Noi scegliamo un’azienda agricola organica, che sarebbe l’estremizzazione di quella biodinamica, a Moriano Montù Beccaria. Già il luogo ispira l’illuminismo del nonno di Alessandro Manzoni. Autore, tra l’altro, ‘Dei delitti e delle pene’ che, come vedremo in questa visita all’organico, calza a pennello con l’ambiente. La suggestione del paesaggio collinare, straordinariamente morbido nella luce filtrata dalla classica foschia stagionale, ci prende subito per mano mentre veniamo accolti da Fausto Andi, produttore di vini estremi ed estremamente naturali. E’ un signore che ha le sue idee sul vino, tutte no mainstream, e che ha stampate in faccia, e nelle parole che profonde con entusiasmo, grandi avventure e strapazzi. Non solo tra le vigne di Oltrepo’, ma anche sull’Himalaya. Le affermazioni sono (quasi) tutte manichee: ‘qui seguiamo le regole del contadino, non del mercato’ . Oppure ‘tutto quello che non è rosso non è vino’ e ancora ‘nel 90% dei casi l’etichetta è falsa e i due terzi della superficie vitata non danno nessun piacere’. Prima di arrivare ai vini nel calice impiegheremo un bel po’. Punto di partenza i valori dell’agricoltura organica, nessuno dei quali ‘riconoscibile tra quelli enologici’. Fausto ha preso in mano le redini dell’azienda paterna a 19 anni e da la’ in poi non ha fatto che ricercare e sperimentare, molto a lungo, prima di produrre. Un crinale e una vigna di Pinot Nero di sessant’anni per cominciare. Le ‘armi’ di Fausto sono, nell’ordine, il bosco prossimo alla vigna, che offre massima competitività grazie all’equilibrio delle sue presenze arboreo vegetazionali. Poi l’utilizzo dei microrganismi indigeni, i più forti, quelli di cattura, sterminati da zolfo e rame nei sistemi tradizionali. Così non serve concimare e si contengono al massimo i problemi fungini. E la peronospora, l’oidio? “Quelli li allontaniamo con il latte di alpeggio e il siero di latte caprino a base acida, impiegati dalla post raccolta fino a tutto il periodo vegetativo’. Siamo nell’Oltrepo’, che nel 2014 perse il 60% del raccolto a causa della peronospora … Ma come si diventa cosi’ radicali da spaccarsi la schiena cento volte più degli altri per produrre 40.000 bottiglie all’anno? E se poi nemmeno si vendono? ‘Siamo otto miliardi di persone sulla terra, vuoi che non troviamo qualche decina di migliaia di estimatori?’ Giusto! Quindi curiosità e storia fanno la differenza, fino ad utilizzare le frequenze (avete presente le campane tibetane?) dalla vigna fino alla bottiglia – piena – perché lo stress porta ad una soglia negativa. ‘Quindi diffondiamo frequenze rilassanti’, che ci accompagnano anche nella presentazione. Fausto ha superato l’antroposofia biodinamica per raggiungere vette impensabili, oltre l’Himalaya, combinando tutti i possibili elementi naturali, senza forzare e senza farsi tentare dalla tabella di Mendeleev, dallo sterco di vacca (stracca per le ‘cure’ diffuse) e dalle sirene del mercato. Qui tutto viene affinato in bottiglia, perché ‘alla svinatura il vino è pronto’. Anche la vigna di Chardonnay è una frescona di sessat’anni, con un diametro medio delle viti di venti centimetri, che produce 30 quintali per ettaro e il cui vino varrà quattro volte il prezzo di mercato. Degustiamo Orange Wine non filtrato del 2021, 14° di mineralità e tannini aggraziati ma solidi, profumi lodevoli di frutta candita e arance amare, spezie, erbe officinali e assoluta originalità al palato. Nasce da un vitigno georgiano, cioè della Georgia, recuperato grazie alla curiosità, scomparso alla fine del 1600, il cui risultato va in affinamento per 5/6 anni. L’altro georgiano è in bottiglia da un giorno, vendemmia 2020, vinaccioli tostati tre volte per togliere le asprezze vegetali. Il terzo Orange è del 2019, con maggiore potenziale di invecchiamento. Per i rossi non ci sono limiti di tempo. ‘Sotto Sera’ è una Barbera in purezza, vendemmia 2016, svinato nel 2018, 48 mesi di macerazione sulle bucce, cambiate a metà strada con quelle della nuova vendemmia. E poiché ‘il vino, invecchiando, diventa più giovane’, accostiamo il calice ad una Barbera 2010, vigna di novant’anni, che sull’etichetta elaborata da una scuola di persone disabili realizzata in azienda, ha stampato in corsivo amanuense ‘tu fai … e lasciali parlare’. Sulle etichette ci sarebbe molto altro da dire. Per superare le falsità già citate le bottiglie vengono scritte, sì, scritte, a mano e serigrafate con soggetti ispirati dalla natura Tra degustazioni e cibo, le asperità del taumaturgo (esperto di prodigi e miracoli) vengono stemperate dalla consorte, un soffio biondo di vaniglia, che si aggira sempre sorridente tra noi insaziabili curiosi, e dalla cucina dolce e fantasiosa del figliolo Augusto, l’erede di questo impero dei sensi che Fausto dice di avergli già consegnato. Un figliolo di 25 anni, una volta a quell’età i maschi erano già padri, che ha studiato, ha idee proprie mai allineate con quelle di tanto padre, lavora in vigna e vorrebbe produrre, udite udite … spumanti! Cioè vini sicuri dell’Oltrepò Pavese, che vanta una D.O.C.G. di tutto rispetto e magari i cruasé. L’estremo e spericolato Fausto, pieno di passione ma anche di grazia liturgica, dissente filosoficamente, ma alla fine stappa uno spumante poderoso, rigorosamente P.N. in purezza, che ha trovato la gioventù dopo 200 (duecento) mesi sui lieviti. Grazie Fausto, per aver ragionato molte ore insieme a noi, con molta generosità, permettendoci di scoprire un mondo ancestrale e diverso. Grazie soprattutto per la tua agricoltura organica, faticosa ma vera, capace di dare un contenuto liquido alla solida vuotitudine della parola sostenibile, abusata e consumata con spregiudicato opportunismo a tutte le latitudini. Un grazie di cuore anche a Mario Da Ros, che ha voluto condividere fraternamente con noi un’esperienza di saperi e sapori che ha lasciato il segno.